Cermenate celebra la visione architettonica di Adriano Olivetti

Un capolavoro del Razionalismo italiano diventa teatro per raccontare un altro capitolo fondamentale dell’architettura del Novecento. L’Asilo Garbagnati di Cermenate, opera di Cesare Cattaneo realizzata tra il 1935 e il 1937, ospita dal 20 settembre al 26 ottobre 2025 “Architetture olivettiane”, un’esposizione che svela la straordinaria visione di Adriano Olivetti nel campo dell’edilizia residenziale e comunitaria.

L’apertura al pubblico è prevista per sabato 20 settembre alle ore 15, con un evento che segna il terzo appuntamento del progetto di valorizzazione di questo edificio simbolo del Movimento Moderno italiano. La mostra, curata da Daniele Boltri ed Enrico Papa, rappresenta un momento di approfondimento su una figura che ha saputo coniugare imprenditoria illuminata e mecenatismo architettonico.

Un progetto di rinascita culturale

L’iniziativa si inserisce nel più ampio programma di recupero dell’Asilo Garbagnati, coordinato dall’Associazione Cesare Cattaneo ONLUS e dall’Archivio Cattaneo con la collaborazione del Circuito Lombardo Musei Design. Il progetto testimonia come il patrimonio architettonico possa diventare catalizzatore di nuove iniziative culturali, trasformando spazi storici in laboratori di conoscenza e formazione.

La scelta di utilizzare le sale già restaurate dell’asilo per ospitare l’esposizione permette ai visitatori di sperimentare in prima persona la qualità spaziale del Razionalismo italiano, vivendo contemporaneamente l’architettura di Cattaneo e la scoperta delle realizzazioni promosse da Olivetti.

Un imprenditore visionario dell’architettura

Adriano Olivetti emerge dalla mostra come figura poliedrica, capace di utilizzare il successo industriale per promuovere una visione sociale innovativa. La sua attività di mecenate architettonico coinvolse alcuni dei migliori progettisti dell’epoca, dimostrando come l’industria privata potesse diventare motore di innovazione urbana e sociale.

Il percorso espositivo, costruito attraverso fotografie, disegni e documenti d’archivio, racconta quattro realizzazioni emblematiche del territorio di Ivrea, selezionate dal volume “Architetture olivettiane a Ivrea. I luoghi della residenza e i servizi della comunità”. L’opera, realizzata da Daniele Boltri, Giovanni Maggia, Enrico Papa e Pier Paride Vidari, è pubblicata da Archivio Cattaneo Editore con il sostegno dell’Associazione Archivio Storico Olivetti, della Fondazione Adriano Olivetti e di UNESCO.

Quattro progetti per raccontare un’epoca

Il cuore dell’esposizione è costituito dalle realizzazioni di quattro celebri studi di architettura che hanno operato per Olivetti: Figini e Pollini con le case per famiglie numerose, Gabetti e Isola autori della “Talponia”, Ridolfi e Frankl progettisti della scuola materna di Canton Vesco, e Quaroni con De Carlo responsabili della scuola elementare dello stesso quartiere.

L’innovazione sociale delle case operaie

Il programma di edilizia residenziale iniziò nel 1934 quando Adriano Olivetti affidò a Luigi Figini e Gino Pollini lo studio di tipologie abitative innovative per i lavoratori. L’obiettivo dichiarato era “rendere accessibile ad ogni nucleo familiare un’abitazione dai costi contenuti e con alti standard qualitativi”, anticipando concetti che sarebbero diventati centrali nelle politiche abitative europee del dopoguerra.

Le abitazioni, realizzate tra il 1939 e il 1941, furono concepite come primo nucleo di un nuovo quartiere immerso nel verde delle colline eporediesi. Ogni unità abitativa si sviluppava su tre livelli: il piano terreno configurato come ambiente flessibile aperto verso il giardino, utilizzabile come spazio gioco, serra o laboratorio secondo le stagioni e le necessità; il primo piano con soggiorno, cucina e servizi; il secondo piano destinato alla zona notte con tre camere e bagno.

L’innovazione non si limitava alla distribuzione degli spazi ma includeva la dotazione di un orto-giardino per ogni famiglia e, dal 1951, di una piccola autorimessa, anticipando le esigenze di motorizzazione di massa.

La sperimentazione della “Talponia”

Negli anni Settanta, l’internazionalizzazione dell’azienda Olivetti richiese nuove soluzioni per l’ospitalità temporanea di dipendenti e collaboratori stranieri. Roberto Gabetti e Aimaro Isola risposero con un progetto radicale: un edificio di 300 metri a pianta semicircolare, realizzato tra il 1969 e il 1971, che gli abitanti di Ivrea soprannominarono “Talponia” per la sua forma di collina artificiale scavata.

L’innovazione più significativa riguardava la flessibilità degli spazi interni. Come spiegavano gli architetti: “Tutto è pronto così, ma può essere spostato in tantissimi modi, aggiunto, tolto, sostituito, annullato. Lo spazio quasi unico può dividersi – diventare – spostando i mobili, tutto diverso.” Un concetto di abitazione temporanea che anticipava le ricerche contemporanee sulla micro-abitazione e la flessibilità d’uso.

Le scuole come laboratori pedagogici

L’impegno di Olivetti nel campo dell’istruzione si concretizzò in due progetti sperimentali nel quartiere Canton Vesco. La scuola materna, affidata nel 1954 a Mario Ridolfi e Wolfgang Frankl, rappresentò un confronto deliberato con linguaggi architettonici diversi dalla tradizione razionalista olivettiana.

Come osservò Manfredo Tafuri: “Ivrea accoglie opere di architettura come fossero quadri da collezione, mirando ad una qualità sempre meno legata a linguaggi precostituiti.” Il progetto si caratterizzò per l’uso di materiali locali come la diorite, per le soluzioni di controllo solare tramite grigliati lignei disegnati appositamente da Ridolfi, e per l’attenzione artigianale dei dettagli, dalle cancellate in ferro battuto ai lucernari orizzontali.

La scuola elementare di Ludovico Quaroni e Adolfo De Carlo, avviata nel 1955, propose invece un modello pedagogico innovativo tradotto in architettura. Il progetto immaginava la scuola come nuovo fulcro del quartiere, sostituendo la funzione tradizionale della piazza con spazi educativi aperti alla comunità. L’aula comune centrale, affiancata da spazi specializzati e aree per l’insegnamento all’aperto, anticipò molte delle ricerche sull’edilizia scolastica contemporanea. Il riconoscimento arrivò con la presentazione alla XII Triennale di Milano come uno dei migliori esempi italiani del settore.

Strategie di valorizzazione del patrimonio

Il ciclo espositivo dell’Asilo Garbagnati testimonia un approccio innovativo alla valorizzazione del patrimonio architettonico del Novecento. Damiano Cattaneo, presidente dell’Associazione Cesare Cattaneo ONLUS, definisce il progetto come un percorso “che potrà portare lontano”, ispirandosi ai modelli sperimentati dalla prima edizione di “documenta” a Kassel nel 1955.

Le quattro mostre programmate per il 2025 fungono da prototipo per le attività future, dimostrando concretamente le potenzialità culturali dell’edificio. L’obiettivo è attirare l’attenzione di istituzioni pubbliche, istituti bancari e aziende del territorio per costruire una partnership che garantisca il recupero completo e la destinazione culturale permanente dell’asilo.

Il completamento del programma espositivo

La rassegna “Architetture olivettiane” precede l’ultimo appuntamento del 2025: dall’8 novembre all’8 dicembre sarà la volta di “Cesare Cattaneo e il sacro”, dedicata ai progetti ecclesiastici e alla Casa-famiglia per la famiglia cristiana del 1942. Il ciclo completa così un percorso che ha già presentato “L’Asilo Garbagnati” (15 marzo – 4 maggio) e “Lo spazio armonico e la fontana di Camerlata” (17 maggio – 29 giugno).

Un dialogo tra architetture d’autore

L’esposizione crea un dialogo suggestivo tra l’architettura che la ospita e quelle che racconta. L’Asilo Garbagnati e le realizzazioni olivettiane appartengono alla stessa stagione del Movimento Moderno italiano, condividendo la ricerca di un linguaggio architettonico capace di rispondere alle trasformazioni sociali del Novecento.

Entrambe le esperienze dimostrano come l’architettura italiana abbia saputo interpretare la modernità europea attraverso una sensibilità specifica per i materiali, il paesaggio e le tradizioni costruttive locali. La mostra permette di apprezzare questa ricchezza di approcci all’interno di una comune ricerca di qualità e innovazione.

L’eredità del Movimento Moderno

L’iniziativa di Cermenate contribuisce alla riscoperta del patrimonio architettonico del Novecento italiano, spesso trascurato nelle politiche di tutela rispetto alle architetture storiche più antiche. La valorizzazione dell’Asilo Garbagnati e la narrazione delle esperienze olivettiane dimostrano l’attualità di queste ricerche per le sfide contemporanee dell’abitare, dell’educazione e della sostenibilità urbana.

Modalità di fruizione e accessibilità

L’esposizione “Architetture olivettiane” è accessibile presso l’Asilo Garbagnati in Via G. Negrini 9 a Cermenate (CO) durante i weekend, sabato e domenica dalle 14:30 alle 18:30, dal 20 settembre al 26 ottobre 2025. L’ingresso è gratuito, coerentemente con l’obiettivo di massima accessibilità culturale.

Per informazioni: archiviocattaneo@libero.it.

Un’opportunità per comprendere come l’architettura del Novecento abbia saputo coniugare ricerca estetica e impegno sociale, scoprendo al contempo un patrimonio di idee e realizzazioni che continua a offrire spunti per le sfide contemporanee dell’abitare e del costruire. La mostra dimostra come la cultura architettonica possa diventare strumento di conoscenza del territorio e delle sue trasformazioni, contribuendo alla costruzione di una coscienza critica verso la qualità dell’ambiente costruito.

Architettura del benessere: quando gli edifici curano chi li abita

La rivoluzione silenziosa che sta trasformando il modo di progettare gli spazi

Vitruvio, nel primo secolo avanti Cristo, definì i tre requisiti fondamentali dell’architettura: firmitas, utilitas, venustas – stabilità, utilità, bellezza. Due millenni dopo, stiamo assistendo all’emergere di un quarto principio che completa questa triade classica: la salubritas, la capacità degli edifici di promuovere attivamente la salute e il benessere di chi li abita.

Non si tratta di una moda passeggera, ma di una trasformazione profonda che ridefinisce il rapporto tra architettura e corpo umano, tra spazio costruito e qualità della vita. Una rivoluzione che pone nuove sfide progettuali e richiede competenze tecniche sempre più specializzate.

L’evidenza scientifica che cambia tutto

La ricerca medica e ambientale degli ultimi vent’anni ha prodotto dati incontrovertibili: trascorriamo oltre il 90% del nostro tempo in ambienti chiusi, e la qualità di questi spazi ha un impatto diretto e misurabile sulla nostra salute fisica e mentale.

Studi condotti dall’Harvard T.H. Chan School of Public Health hanno dimostrato che un ambiente ben ventilato può aumentare del 101% le performance cognitive. Edifici progettati secondo criteri di salubrità riducono mediamente di 3,5 giorni all’anno l’assenteismo per malattia. La qualità dell’aria interna influenza non solo la salute respiratoria, ma anche concentrazione, produttività, qualità del sonno.

L’inquinamento indoor – spesso più grave di quello esterno – deriva da una molteplicità di fonti: composti organici volatili (VOC) rilasciati da materiali da costruzione e finiture, formaldeide presente in pannelli e colle, particolato fine prodotto da attività quotidiane, agenti biologici che proliferano in sistemi di ventilazione inadeguati.

Tre standard, una visione: LEED, BREEAM e WELL

La risposta del settore edilizio a questa nuova consapevolezza si è concretizzata in tre protocolli di certificazione che stanno ridefinendo i parametri della qualità architettonica.

LEED: il pioniere dell’approccio integrato

Sviluppato nel 1993 dal U.S. Green Building Council, LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) è oggi applicato in oltre 180 paesi. Il suo approccio olistico valuta l’edificio come sistema integrato, considerando energia, acqua, materiali, qualità ambientale interna, sostenibilità del sito e innovazione.

I livelli di certificazione – da Certified a Platinum – premiano soluzioni che bilanciano efficienza energetica e comfort ambientale, con particolare attenzione alla riduzione delle emissioni di CO₂ e all’utilizzo di materiali eco-compatibili.

BREEAM: flessibilità e adattamento locale

Nato nel Regno Unito nel 1990, BREEAM (Building Research Establishment Environmental Assessment Method) rappresenta il più maturo sistema di certificazione ambientale, con oltre 2,3 milioni di edifici valutati in 89 paesi.

La sua caratteristica distintiva è l’adattabilità ai diversi contesti geografici e culturali, con schemi specifici per ogni paese che tengono conto di condizioni climatiche e normative locali. Il sistema valuta nove categorie principali, dalla gestione energetica alla protezione della biodiversità, assegnando livelli da Pass a Outstanding.

WELL: la rivoluzione antropocentrica

Lanciato nel 2014 dopo sei anni di ricerca medico-scientifica, WELL Building Standard rappresenta un cambio di paradigma radicale. È il primo protocollo mondiale specificamente dedicato alla salute e al benessere degli occupanti, valutando gli edifici non per il loro impatto ambientale, ma per la loro capacità di migliorare la vita di chi li abita.

I dieci concept di WELL – aria, acqua, alimentazione, luce, movimento, comfort termico, suono, materiali, mente, comunità – affrontano ogni aspetto dell’esperienza umana negli spazi costruiti. Non basta progettare un edificio efficiente: deve essere un luogo che promuove salute fisica, equilibrio mentale, coesione sociale.

Le implicazioni progettuali

Per gli architetti, questi protocolli introducono nuove variabili nella fase progettuale, che vanno ben oltre le tradizionali considerazioni strutturali, funzionali ed estetiche.

La qualità dell’aria diventa un parametro progettuale primario. Sistemi di ventilazione meccanica controllata con ricambi di 8-12 litri/secondo per persona, filtri MERV 13 o superiori, controllo continuo dei livelli di CO₂ sotto le 800 ppm. La progettazione impiantistica acquisisce un ruolo centrale nella definizione del benessere ambientale.

La luce naturale non è più un elemento accessorio ma un requisito fondamentale: il 75% degli spazi regolarmente occupati devono avere accesso diretto alla luce solare. L’illuminazione artificiale deve supportare i ritmi circadiani, con sistemi che simulano il ciclo naturale del sole, da 2700K al mattino a 6500K a mezzogiorno.

La selezione dei materiali richiede un approccio radicalmente diverso. Ogni finitura, ogni adesivo, ogni vernice deve essere certificata per basse emissioni VOC. Pitture con emissioni inferiori a 0,5 mg/m³, mobili certificati GREENGUARD Gold senza formaldeide, eliminazione di ritardanti di fiamma tossici e sostanze interferenti endocrini.

Il comfort acustico diventa parametro misurabile: livelli di rumore sotto 45 dB nelle aree di lavoro, sotto 35 dB nelle aree di riposo, intelligibilità della parola garantita negli spazi meeting con indice STI superiore a 0,6. La progettazione acustica non può essere demandata alla fase esecutiva, ma deve essere integrata fin dalla concezione spaziale.

Il biophilic design – l’integrazione di elementi naturali negli spazi costruiti – cessa di essere una scelta stilistica per diventare una strategia scientificamente validata per ridurre lo stress e migliorare il benessere psicologico.

Il ruolo dell’analisi tecnica

Una caratteristica distintiva di questi protocolli è il rigore scientifico richiesto nella fase di verifica. Non bastano dichiarazioni di intenti o calcoli teorici: servono analisi di laboratorio che certifichino il rispetto dei parametri stabiliti.

Per LEED sono richieste misurazioni di TVOC (carbonio organico volatile totale) secondo ISO 16000-6, formaldeide secondo ISO 16000-3, particolato PM10 e PM2.5 secondo ISO 7708, monossido di carbonio mediante spettroscopia NDIR (ISO 4224), ozono secondo ISO 13964.

WELL richiede in aggiunta la determinazione del radon mediante metodica UNI ISO 11665-4, parametro particolarmente rilevante in Italia dopo l’introduzione del D.Lgs. 101/2020 che ha stabilito obblighi specifici per la misurazione del radon nei luoghi di lavoro ubicati al piano terra o in locali seminterrati.

Queste analisi non possono essere improvvisate. Richiedono laboratori accreditati, strumentazione all’avanguardia (gascromatografi, spettrometri di massa, cromatografi ionici), ma soprattutto competenza nel campionamento. Un prelievo mal eseguito può vanificare anche l’analisi più accurata, rendendo fondamentale la presenza di tecnici specializzati esclusivamente dedicati a questa attività.

Un mercato in crescita

I numeri confermano che questa non è una nicchia per idealisti. Gli investitori immobiliari riconoscono un premio di valore tra il 7% e l’11% per edifici certificati per il benessere. Le aziende sono disposte a pagare affitti più elevati per spazi che garantiscono maggior benessere ai dipendenti, consapevoli che la riduzione dell’assenteismo e l’aumento della produttività giustificano ampiamente l’investimento.

I fondi ESG privilegiano sempre più asset immobiliari che integrano criteri di salute e benessere, trasformando la salubritas da valore etico a valore economico misurabile.

Il partner tecnico necessario

In questo contesto, il rapporto tra progettazione e verifica analitica diventa cruciale. L’architetto che si cimenta con questi protocolli necessita di un partner tecnico affidabile per la parte di analisi e certificazione.

LATA – Laboratorio Analisi e Tecnologie Ambientali, attivo dal 1980 con sede a Milano, rappresenta un esempio di come competenza storica e innovazione possano integrarsi al servizio della nuova architettura del benessere.

Con accreditamento ACCREDIA (numero 0455) e un team di oltre 20 professionisti – tra cui laureati in chimica, tecnici specializzati e prelevatori qualificati – il laboratorio offre l’intera gamma di analisi richieste dai protocolli LEED, BREEAM e WELL. Dal 2010 ha seguito la certificazione di importanti aziende ed enti pubblici, sia in Italia che all’estero.

La strumentazione all’avanguardia (gascromatografi, spettrometri ICP-MS, cromatografi ionici, HPLC) garantisce precisione nelle determinazioni analitiche, mentre l’esperienza quarantennale nel settore ambientale permette di affrontare anche le situazioni più complesse con competenza e affidabilità.

Particolarmente significativo è l’approccio integrato: LATA non si limita all’esecuzione delle analisi, ma offre consulenza per la corretta pianificazione dei monitoraggi in funzione delle specificità del protocollo scelto. Ogni certificazione ha requisiti differenti in termini di numero di campionamenti, tempi di esposizione, posizionamento dei punti di prelievo. Il supporto di tecnici esperti permette di ottimizzare le attività riducendo costi e tempi senza compromettere la qualità.

L’ampiezza dell’offerta – che spazia dalle analisi ambientali tradizionali ai più recenti servizi ESG per la sostenibilità d’impresa – fa di LATA un interlocutore unico per studi di progettazione e società di consulenza che cercano un partner capace di seguire l’intero percorso dalla progettazione alla certificazione.

Verso una nuova etica progettuale

L’architettura del benessere non rappresenta un’aggiunta ai principi vitruviani, ma la loro evoluzione necessaria nel XXI secolo. Stabilità, utilità e bellezza rimangono fondamentali, ma non sufficienti. Un edificio che non promuove la salute di chi lo abita fallisce nella sua missione primaria di creare spazi al servizio dell’uomo.

Per gli architetti, questo significa acquisire nuove competenze, integrare nuove figure professionali nel processo progettuale, familiarizzare con protocolli e standard internazionali. Ma significa soprattutto riappropriarsi di una dimensione etica della professione: progettare non solo oggetti belli ed efficienti, ma luoghi che migliorano concretamente la qualità della vita.

Come scriveva Frank Lloyd Wright, “l’architettura è la vita, o almeno è la vita stessa che prende forma”. Mai questa affermazione è stata così letteralmente vera come nell’epoca degli edifici che ci fanno stare bene.


Per approfondimenti tecnici sulle certificazioni LEED, BREEAM e WELL e sulle metodologie di analisi, è disponibile una guida completa sul sito di LATA Laboratorio.

Gianluca Pollini, Arquitectonica

Dal 1° dicembre 2022 al 4 aprile 2023, MIA Fair presenta nello spazio dedicato alla fotografia d’arte dell’Università Bocconi a Milano, la personale di Gianluca      Pollini (Bologna, 1960), dal titolo Arquitectonica, in collaborazione con la Galleria Forni di Bologna e la Galleria Arte in Salotto di Milano.

La mostra, nuovo appuntamento del progetto di collaborazione tra MIA Fair e BAG-Bocconi Art Gallery iniziato nel 2016,  in collaborazione con Galleria Forni e Arte in Salotto, documenta, attraverso 15 fotografie, la più recente ricerca dell’artista bolognese, dedicata all’architettura, in particolare a quella progettata da Aldo Rossi e a quella del Ventennio fascista in Italia.

Le opere di Pollini cercano di descrivere la stasi di luoghi eterni, carichi di mistero e simbologia, evidenziando il contrasto tra colori e linee e segnando il rapporto metafisico tra gli elementi geometrici.

Queste caratteristiche Pollini le ritrova negli edifici dell’EUR a Roma, progettati da Marcello Piacentini, ma anche nel paese di Tresigallo, a pochi chilometri da Ferrara, la cosiddetta “Città metafisica”, luogo utopico e ideale, sospesa in una dimensione tra geometria e sogno, o ancora nelle forme disegnate da Aldo Rossi, dal cimitero San Cataldo a Modena, al Centro direzionale Fontivegge a Perugia, allo Schützenquartier a Berlino, ad altre ancora.

Quelli di Pollini sono scatti diurni, dalle linee pulite, caratterizzati da contrasti netti e colori saturi che evocano profonde suggestioni fatte di luce. Pur utilizzando una macchina digitale, gli interventi di Pollini in post-produzione sono minimi; non manipola le immagini perché concepisce il risultato finale già in fase di ripresa, anche nelle condizioni più difficili.

Le sue fotografie sono sospensioni del tempo, lunghe quanto una frazione di secondo, nell’attesa di catturare il momento perfetto.

Come scrive Bruno Bandini nel volume che accompagna la rassegna (Pazzini Editore), “È Aldo Rossi che consente a Pollini di ridisegnare la trama nascosta dell’eredità del Moderno, di un razionalismo che affonda le proprie radici negli architetti della Rivoluzione francese, per arrivare a quelle tracce fondative della città che si riscontrano nelle piazze “metafisiche” di Giorgio de Chirico, così come nella progettazione urbanistica delle “città di fondazione” degli anni trenta”.

La mostra è uno degli appuntamenti che anticipa la XII edizione di MIA Fair – Milan Image Art Fair, in programma dal 23 al 26 marzo 2023, a SUPERSTUDIO MAXI a Milano (via Moncucco 35).

Gianluca Pollini. Note biografiche

Gianluca Pollini nasce nel 1960 a Bologna, dove vive e lavora.

Inizia a fotografare nel 1982 occupandosi di reportage naturalistico, con pubblicazioni su libri e prestigiose riviste, anche fotografiche.

Dal 1993 lavora prevalentemente con il medio formato, utilizzando il mezzo analogico in fase d ripresa e la stampa tradizionale su carta baritata ai sali d’argento o quella giclée ai pigmenti di carbone.

Inizia inoltre a sviluppare un forte interesse per le immagini paesaggistiche, la pellicola in bianco e nero e lo still life, dal cui studio nasce il libro “Fiori”, edito da Gente di Fotografia nel 2006.

Estende poi la sua ricerca all’architettura, iniziando ad utilizzare macchine digitali. Viene così alla luce il suo ultimo lavoro, “Arquitectonica”, un progetto fotografico che prende vita nel febbraio 2019 come riflessione sulla metafisica nell’architettura razionalista e neo-razionalista italiana.

Dal 1998 al 2008 il suo lavoro è stato rappresentato da Image Gallery di Daniela Facchinato. Dal 2010 collabora con la Galleria Forni di Bologna.

Informazioni

GIANLUCA POLLINI. Arquitectonica
Milano, Università Bocconi (via Sarfatti, 25)
1° dicembre – 4 aprile 2023

Orari: Dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 20.00; sabato, dalle 10.00 alle 18.00
Ingresso libero

Il progetto di un Condominio Moderno

Il Decreto Sblocca Italia è del 2014 ma i suoi effetti si stanno producendo ora. Ci sono dei cambiamenti nella progettazione di un condominio, qui proveremo a vedere cosa deve essere fatto e chi se ne deve occupare. La cosa riguarda tutti, a partire dagli inquilini (presenti e futuri) ma anche e soprattutto chi si deve occupare della progettazione. Un architetto deve puntare al meglio, in tutti i sensi, tenendo presente che gli obblighi di legge possono anche superati e non semplicemente soddisfatti.

Tipico condominio di Singapore

Il Decreto Sblocca Italia impone, per tutti gli edifici residenziali (condomini) di nuova costruzione con autorizzazione edilizia presentata dopo il 1° luglio 2015, la predisposizione dell’infrastruttura (cavedi, locali tecnici, collegamenti, etc..) indispensabile per equipaggiare l’edificio di una rete a fibre ottiche per la distribuzione di segnali TV, internet, fonia, dati e altri impianti elettronici quali: TVCC, citofoni o videocitofoni, rete Wi Fi condominiale, etc.. con eccezione dei sistemi domotici.

Progettazione degli impianti

Obbligo del progetto per tutti gli impianti.
Il progetto deve contenere almeno:
Al di sopra dei limiti dimensionali:

  • schemi di impianto
  • disegni planimetrici
  • relazione tecnica

Al di sotto dei limiti dimensionali:

  • schema di impianto
  • implicitamente la tipologia dei materiali impiegati (art. 7)

Al di sopra dei limiti dimensionali specificati, rimane l’obbligo della redazione del progetto da parte di un professionista iscritto negli albi professionali secondo la specifica competenza tecnica richiesta.
Al di sotto dei limiti dimensionali specificati, il progetto può essere redatto dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice.

Realizzazione ed installazione degli impianti

Gli impianti devono essere realizzati secondo la regola dell’arte.
Gli impianti realizzati in conformità alle norme CEI e UNI sono considerati a regola d’arte.

Chi realizza il progetto?

Cablaggio strutturato al sevizio dei Condomini

  • Se l’impianto elettrico condominiale ha una potenze impegnata superiore a 6 kW ► deve essere redatto un progetto da parte di un professionista
  • Se l’impianto elettrico condominiale alimenta un luogo con pericolo di esplosione (per esempio una centrale a gas) o un luogo MARCIO (per esempio un’autorimessa) ► deve essere redatto un progetto da parte di un professionista

In tutti gli altri casi non è obbligatorio il progetto del professionista

Cablaggio strutturato al sevizio di un’abitazione

  • Se l’impianto elettrico condominiale ha una potenze impegnata superiore a 6 kW ► deve essere redatto un progetto da parte di un professionista
  • Se l’abitazione ha una superficie superiore a 400 m2 ► deve essere redatto un progetto da parte di un professionista

In tutti gli altri casi non è obbligatorio il progetto del professionista

Cablaggio strutturato al sevizio di locali con altre destinazioni d’uso

  • Se l’impianto elettrico condominiale ha una potenze impegnata superiore a 6 kW ► deve essere redatto un progetto da parte di un professionista
  • Se il locale ha una superficie superiore a 200 m2 ► deve essere redatto un progetto da parte di un professionista
  • Se il locale (o altro locale alimentato dallo stesso impianto elettrico) è luogo con pericolo di esplosione, MARCIO o un ambiente medico ►deve essere redatto un progetto da parte di un professionista

Cosa deve produrre l’installatore?

L’installatore dichiara, sotto la propria personale responsabilità, che l’impianto è stato realizzato in modo conforme alle regole dell’arte, secondo quanto previsto dall’art. 6, tenuto conto delle condizioni di esercizio e degli usi cui è destinato l’edificio. Avendo in particolare:

  • rispettato il progetto redatto ai sensi dell’art. 5 da….
  • seguito la normativa tecnica applicabile all’impiego (CEI EN 50173 e 50174).
  • installato componenti e materiali adatti al luogo di installazione (articoli 5 e 6).
  • controllato l’impianto ai fini della sicurezza e della funzionalità con esito positivo, avendo eseguito le verifiche richieste dalle norme e dalle disposizioni di legge.

Allegati obbligatori:

  • progetto ai sensi degli articoli 5 e 7.
  • relazione con tipologia dei materiali utilizzati.
  • schema di impianto realizzato.
  • riferimento a dichiarazioni di conformità precedenti o parziali, già esistenti.
  • copia del certificato di riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali.
  • attestazione di conformità per impianto realizzato con materiali o sistemi non normalizzati.

Allegato facoltativi:

  • certificazione dei punti di rete

La dichiarazione di conformità viene rilasciata solo dopo le opportune verifiche di funzionamento che, pur non essendo obbligatorie, è buona norma rilasciarle in quanto unico elemento di veridicità della corretta realizzazione.

E’ bene ricordare che il D.M. 37/08 vale per tutti gli impianti elettronici quali:

  • Allarme e anti intrusione
  • TVCC video sorveglianza
  • Impianti di antenna
  • Citofoni e video citofoni, etc..

quindi non solo per il cablaggio strutturato. Ovviamente, a seconda del caso, si farà riferimento a norme tecniche specifiche per ogni tipologia di impianto /sistema.

Sul sito di Micro Tek, azienda specializzata in cablaggi, è possibile trovare un approfondimento completo che prende in considerazione molte delle conseguenze previste dallo Sblocca Italia.

Image by xegxef from Pixabay

Contenuto della relazione di stima e compiti dell’esperto

Quante e quali cose fa un architetto? Un numero sorprendentemente alto, tra le altre cose il professionista è spesso chiamato a svolgere il lavoro di perito che poco ha a che fare con l’architettura dell’immaginario collettivo, eppure non è certo un compito meno importante.

L’articolo del Codice di Procedura Civile, che viene qui di seguito riportato integralmente, descrive in maniera puntuale i compiti e gli accertamenti che il perito estimatore deve effettuare; le risultanze dell’indagine dovranno essere riportati nella perizia di stima a base utilizzata per la pubblicità d’asta nelle procedure esecutive.

“L’esperto provvede alla redazione della relazione di stima dalla quale devono risultare:

  1. l’identificazione del bene, comprensiva dei confini e dei dati catastali;
  2. una sommaria descrizione del bene;
  3. lo stato di possesso del bene, con l’indicazione, se occupato da terzi, del titolo in base al quale è occupato, con particolare riferimento alla esistenza di contratti registrati in data antecedente al pignoramento;
  4. l’esistenza di formalità, vincoli o oneri, anche di natura condominiale, gravanti sul bene, che resteranno a carico dell’acquirente, ivi compresi i vincoli derivanti da contratti incidenti sulla attitudine edificatoria dello stesso o i vincoli connessi con il suo carattere storico-artistico;
  5. l’esistenza di formalità, vincoli e oneri, anche di natura condominiale, che saranno cancellati o che comunque risulteranno non opponibili all’acquirente;
  6. la verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene nonché l’esistenza della dichiarazione di agibilità dello stesso previa acquisizione o aggiornamento del certificato di destinazione urbanistica previsto dalla vigente normativa;
  7. in caso di opere abusive, il controllo della possibilità di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e gli eventuali costi della stessa; altrimenti, la verifica sull’eventuale presentazione di istanze di condono, indicando il soggetto istante e la normativa in forza della quale l’istanza sia stata presentata, lo stato del procedimento, i costi per il conseguimento del titolo in sanatoria e le eventuali oblazioni già corrisposte o da corrispondere; in ogni altro caso, la verifica, ai fini della istanza di condono che l’aggiudicatario possa eventualmente presentare, che gli immobili pignorati si trovino nelle condizioni previste dall’art. 40, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ovvero dall’art. 46, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, specificando il costo per il conseguimento del titolo in sanatoria;
  8. la verifica che i beni pignorati siano gravati da censo, livello o uso civico e se vi sia stata affrancazione da tali pesi, ovvero che il diritto sul bene del debitore pignorato sia di proprietà ovvero derivante da alcuno dei suddetti titoli;
  9. l’informazione sull’importo annuo delle spese fisse di gestione o di manutenzione, su eventuali spese straordinarie già deliberate anche se il relativo debito non sia ancora scaduto, su eventuali spese condominiali non pagate negli ultimi due anni anteriori alla data della perizia, sul corso di eventuali procedimenti giudiziari relativi al bene pignorato.

L’esperto, prima di ogni attività, controlla la completezza dei documenti di cui all’art. 567, secondo comma, del codice, segnalando immediatamente al giudice quelli mancanti o inidonei.

L’esperto, terminata la relazione, ne invia copia ai creditori procedenti o intervenuti e al debitore, anche se non costituito, almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata ai sensi dell’art. 569 del codice, a mezzo posta elettronica certificata ovvero, quando ciò non è possibile, a mezzo telefax o a mezzo posta ordinaria.

Le parti possono depositare all’udienza note alla relazione purché abbiano provveduto, almeno quindici giorni prima, ad inviare le predette note al perito, secondo le modalità fissate al terzo comma; in tale caso l’esperto interviene all’udienza per rendere i chiarimenti.”

BAR, Bellezza, Arte, Ristoro. Architettura, cibo e design nell’Italia del ‘900

BAR, Bellezza, Arte, Ristoro. Architettura, cibo e design nell'Italia del '900

Il Bar è il luogo dell’incontro, dove si beve, si mangia, si chiacchiera, ci si riposa, si legge il giornale, si perde tempo o si lavora.
E’ una terra di mezzo, tra la casa e l’ufficio, una occasione estemporanea, talora avventurosa, o un’abitudine rassicurante. Luogo per eccellenza del buon vivere italiano, nel Novecento, secolo che lo ha visto nascere e poi crescere, è stato pensato e disegnato da architetti di fama, che hanno declinato il tema con straordinaria eleganza, accordando con raffinatezza forma e funzione.
I progetti elaborati da nomi illustri come Plinio Marconi, Guido Fiorini, lo Studio Paniconi e Pediconi, Francesco Palpacelli, che disegnarono bar ma anche ristoranti – luoghi della socialità dove i tempi si prolungano e il ristoro è più appagante – aprono la mostra dedicata al rapporto tra cibo, design e architettura nell’Italia del Novecento, che sarà inaugurata il 15 ottobre, alle ore 12 .
L’Istituto in tal modo si conferma come unica fonte preziosa per la ricerca sulle arti e la creatività, a livello nazionale.
Accanto ai progetti dei luoghi del consumo, saranno esposte le carte dell’Ufficio italiano brevetti e marchi provenienti dal Ministero del Commercio, dell’Industria e dell’Artigianato, una serie particolarmente importante, costituita da circa 1.460.000 unità, datate dal 1855 al 1965. Disegni, progetti, modelli, brevetti di prodotti destinati all’alimentazione che raccontano la storia del design industriale, che parlano di creatività e capacità imprenditoriale, del made in Italy prima che il concetto stesso esistesse. Tra i designer compaiono le grandi firme, come Giò Ponti, Fortunato Depero, Bruno Munari e i fratelli Castiglioni – ideatori della Pitagora, concessa in prestito dal Museo della macchina per caffè (MUMAC) del Gruppo Cimbali – ma insieme ci sono i perfetti sconosciuti, a
confermare I’immagine di un popolo di inventori che ha affidato alle carte bollate i propri lampi di genio.
Le più grandi invenzioni sono del resto quelle anonime del dopoguerra, ancora attuali dopo più di mezzo secolo: pensiamo ai tanti oggetti di design, a un certo modello di pasta o ai marchi di fabbrica tuttora presenti nelle nostre dispense. II segno dell’arte grafica emerge originale e raffinato anche nei bozzetti conservati nell’Ufficio della proprietà letteraria della Presidenza del Consiglio dei ministri, a firma di artisti come Pozzati, Amaldi, Leonesi, Mateldi, molti provenienti dalla MAGA, la più importante agenzia pubblicitaria italiana di inizio secolo.
Nell’ambito della mostra è dato ampio spazio, inoltre, ad una selezione di opere di artisti contemporanei, a conferma dello stretto legame che unisce da sempre il cibo all’arte; un importante gruppo di artisti di provenienza internazionale, che si sono confrontati recentemente con il tema della “nutrizione”. Pittori, scultori, designer, videoartisti, ciascuno con linguaggio proprio del nostro tempo, nell’infinito avvicendamento del ciclo della vita, rappresenta con le sue opere questo inscindibile rapporto.
Infine, gli intensi Volti di Terra Madre della galleria di ritratti firmati da Mauro Vallinotto.

La mostra resterà aperta dal 22 dicembre 2015 al 26 marzo 2016
Orari di apertura: lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17
Visite guidate solo su prenotazione il martedì e il giovedì dalle 10 alle 13
Ingresso gratuito
Il catalogo, edito da De Luca editori d’arte, sarà in vendita nel corso dell’esposizione
(€ 16,00) o in libreria (€ 20)
Per info e prenotazioni: 06/54548538 – acs.urp@beniculturali.it
Archivio centrale dello Stato
Piazzale degli Archivi, 27 – 00144 Roma

Il gusto del design

Il gusto del designIn occasione di Expo 2015. Nutrire il pianeta, energia per la vita, la sede di Milano dell’Istituto Svizzero da giugno a settembre ospita una serie di mostre organizzate da istituzioni svizzere.

Un’edizione speciale di Les Espaces du design, selezione annuale di design svizzero.

Nell’ambito delle attività del cantone Vaud all’Expo e in linea con la sua tematica alimentare, la mostra presenta una cinquantina di oggetti che migliorano il rapporto tra uomo e cibo, proponendo una riflessione sulla forma del mangiare.

Prodotti industriali, prototipi, packaging e grafica, tutti sorprendenti per bellezza e funzionalità, testimoni della creatività e dell’estetica elvetica che punta all’essenza della forma e a nuove forme di convivialità.

Un progetto dell’associazione Design Days e della rivista Espaces contemporains.

Il cantone Vaud sarà presente al Padiglione svizzero a Expo dal 27 al 30 settembre 2015.

MONOSEMI – Cerimonie di sensazioni e altri procedimenti

Ak2deru monosemiIl giorno 28 Aprile 2015 alle 18.00 Interno 14_lo spazio dell’AIAC – Associazione Italiana di Architettura e Critica presenta “MONOSEMI – Cerimonie di sensazioni e altri procedimenti” di Ak2deru a cura di Piero Pala.

Tutti i dettagli della mostra su zerodelta.net

La «Casa della Donna» alla Werkbund-Austellung di colonia del 1914

La «Casa della Donna» alla Werkbund-Austellung di colonia del 1914Nell’ambito delle manifestazioni programmate in occasione del centenario della mostra del Werkbund di Colonia del 1914, il Goethe-Institut Rom ha ospitato, nel settembre del 2014, un workshop di architettura. La mostra che si inaugura presso la Galleria Embrice di Roma l’8 marzo 2015, a cura di Giovanni Longobardi, ne raccoglie i materiali e ne racconta lo svolgimento.

Il workshop è stato organizzato dal Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre, con il coordinamento di Giovanni Longobardi e di Maurizio Gargano, la collaborazione di Stefano Balzanetti e di Giulia Napoli e la partecipazione degli studenti Marta Macciò, Marta Massacesi, Renato Moro e Tiziano Sorgi.

Su invito di Carlo Severati, abbiamo deciso di dedicare il workshop alla Haus der Frau, uno dei padiglioni meno noti della mostra, meno documentati dal catalogo ufficiale e dalle pubblicazioni dell’epoca. Tutti i padiglioni dell’esposizione ebbero vita breve, com’è noto, a causa dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, ma la casa delle donne sembra aver sofferto in maniera particolare delle frettolose vicissitudini che ne segnarono l’organizzazione. Per noi, tale carenza di documenti è stata implicitamente un motivo di interesse, per un edificio più o meno consapevolmente tenuto in disparte dai promotori della mostra o di chi si occupò della diffusione dell’iniziativa; ma al contempo anche un rischio di non riuscire, nello spazio della settimana di lavoro assegnata al workshop, a raggiungere un risultato concreto, minimamente giustificato da elementi verificabili.

I materiali in mostra sono così l’esito di una piccola sfida, che non può far altro che aprire a nuove ricerche più meditate e sistematiche, ma che fa almeno intuire come la Haus der Frau sia stato il crocevia di alcune vicende molto rilevanti della lunga e complessa affermazione della modernità in architettura, ulteriore conferma che il rinnovamento delle forme e dello spazio procedeva come espressione del rinnovamento dei modi di vita, della struttura sociale e delle istanze per il riconoscimento di diritti politici. La casa costruita dalle donne a Colonia nel 1914, e presto dimenticata, sembra essere un luogo di osservazione privilegiato di questi temi e, come tale, merita di essere ulteriormente indagata.
Il catalogo della mostra, edito per i tipi di Aracne, contenente un saggio di Maurizio Gargano su Heinrich Tessenow, sarà disponibile in galleria.

Galleria Embrice – Roma, Via delle Sette Chiese, 78 – Tel. 06.64521396 – www.embrice.com

Dall’8 marzo al 25 marzo 2015. Orario: 18.00 – 20.00. Chiuso domenica e festivi.

Materia Mutata

MateriaMutata_locandinaMateriaMutata è una mostra che propone oggetti-scultura realizzati da tre donne makers.

Maker è un termine che nasce, in un contesto in cui si parla di diverse specializzazioni, per indicare la nuova figura che unisce l’artista con il designer. Inteso nell’accezione di un ritorno alla tradizione delle arti applicate, trova le sue origini alla fine del XIX secolo con l’Arts and Crafts inglese.

Il Maker, quindi, si confronta a pieno titolo con le varie fasi della realizzazione dell’oggetto ad uso quotidiano con il risultato dell’unicità e novità formali.

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